Cuadros -Giuseppe Antonio Petrini-
Para ver sus cuadros.
Giuseppe Antonio Petrini (Carona, Canton Ticino 1677 – Carona 1755/1759 ca.)
Biografia
Giuseppe Antonio Petrini è uno dei maggiori artisti del Settecento ticinese e la sua opera si colloca con inconfondibile originalità stilistica fra le espressioni più alte di tutto il Settecento lombardo.Nato a Carona, in Canton Ticino, il 23 ottobre 1677 dallo scultore Marco Antonio Petrini e da Lucia Casella, si formò, secondo C. G. Ratti (Delle vite de' pittori scultori e architetti genovesi, Genova, 1769), prima alla scuola genovese di Bartolomeo Guidobono e quindi, forse, in Piemonte, tradizionale meta degli artisti ticinesi, a contatto con l'opera del Solimena e col rigoroso razionalismo pittorico di Andrea Pozzo. Proprio quest'ultimo, insieme ai lombardi Cerano, Morazzone, Gianolo Parravicino e Filippo Abbiati, ma soprattutto insieme a Paolo Pagani, ai tenebrosi naturalisti veneti del secondo Seicento, al realismo dei caravaggisti e al luminismo del Piazzetta, sta alla base della sua "pittura severa e introspettiva, che predilige schemi compositivi semplificati, imperniati su poche figure di forte risalto plastico , sottolineato da panneggi modellati con pieghe aguzze e cartacee, e da luci aspre e radenti" ( S. Coppa, Petrini Giuseppe Antonio, in "La pittura in Italia. Il Settecento", a cura di G. Briganti, tomo II, Milano, 1990).La prima opera datata del Petrini, nel 1703, è il Sant'Isidoro Agricola nella parrocchiale di Dubino. Al suo soggiorno valtellinese nel primo decennio del Settecento si fanno risalire oggi molte delle tele e degli affreschi realizzati in Valtellina grazie al suo rapporto con la famiglia Perogalli di Delebio. Si devono in particolare alla committenza del parroco di Dubino, Carlo Francesco Perogalli, oltre al Sant'Isidoro Agricola, il S. Pietro apostolo (1704), il S. Giovanni Evangelista (1707) e il grande Martirio di Gorcum, e sempre alla committenza dei Perogalli vanno ricondotte le opere eseguite in quegli stessi anni dal pittore ticinese per la Compagnia del Rosario di Delebio, S. Pio V indice la crociata contro i Turchi, la Madonna del Rosario con i Santi Domenico e Caterina e la Madonna del Rosario e una devota, cui seguono gli affreschi nella parrocchiale di Sant'Abbondio a Rogolo e quelli della cappella dello Spirito Santo nella chiesa di S. Lorenzo a Fusine.Nei decenni successivi il Petrini lavora in Piemonte, in Lombardia e in Ticino dove realizza nel 1711 lo Stendardo per la parrocchia di Gentilino, nel 1726 le pale d'altare con la Madonna del Rosario e la Morte di S. Giuseppe nel Santuario della Madonna di Morbio Inferiore e diverse tele e pale d'altare nella chiesa di S. Antonio Abate a Lugano fra il 1715 e il 1746. Ma in quegli stessi anni il suo rapporto con la Valtellina e i Perogalli non venne probabilmente mai meno, come ipotizza Simonetta Coppa che data la pala d'altare del Petrini nell'Oratorio di S. Girolamo a Delebio alla fine del 1740 e tende a ricondurre alla committenza dei Perogalli anche il ciclo con l'Allegoria delle Stagioni oggi al Museo Cantonale di Lugano, databile intorno al 1750.Proprio l'Allegoria delle Stagioni testimonia come a partire dal 1745, secondo le puntuali analisi di Mauro Natale, l'opera del Petrini manifesti una svolta "verso registri cromatici chiari e stridenti e verso un partito compositivo decisamente rococò" vicino ai modi del Pittoni, attivo in quegli anni in area lombarda, e di Innocenzo Carloni.Questa svolta stilistica in senso rococò - che non soppianta ma si affianca al suo austero stile tradizionale - si riscontra in molte opere fra il 1745 e il 1752 ( Ascensione della Vergine nella chiesa di S. Maurizio a Pinerolo, pala con la Predica di San Vincenzo de' Paoli, quella con il Miracolo del piede risanato nella chiesa di S. Caterina a Bergamo, quella con il Miracolo di San Vincenzo Ferreri in S. Giovanni a Morbegno, Visione del Beato Giovanni da Meda nella chiesa del Collegio Gallio di Como ), ma risalta, soprattutto, nelle opere da stanza nate dalla committenza privata, come le numerose mezze figure di santi, profeti, astronomi e filosofi dai colori freddi che una luce radente colloca spesso in un'atmosfera irreale e astratta. Anche entro questo nuovo orientamento stilistico, che denota la sua profonda conoscenza e l'apertura alle correnti artistiche contemporanee, il Petrini conserva tuttavia la propria tendenza alla chiarezza e alla semplificazione narrativa, mantenendosi sempre entro le caratteristiche del barocchetto lombardo meno teatrale, capriccioso e mondano del rococò internazionale anche nei soggetti sacri. Ciò ha indotto Simonetta Coppa a parlare di un persistente e consapevole "antisettecentismo" del Petrini, inteso come reazione allo spirito mondano del rococò in nome di una più profonda spiritualità interiore ispirata alla religiosità borromaica, che sul piano dell'espressione artistica si concretizza in quel sottile equilibrio fra tardo manierismo e moderno realismo proprio dei pittori lombardi che Pietro Ligari definiva "speculativi".A questo tipo di spiritualità si rifanno le ultime opere del Petrini come gli affreschi nel Santuario della Madonna dell'Ongero a Carona, quelli nell'Oratorio di San Girolamo a Delebio eseguiti insieme ai ticinesi fratelli Torricelli, e la grande pala d'altare con la Morte di San Giuseppe, nella Collegiata di Sondrio, suo estremo capolavoro datato1755.Giuseppe Antonio Petrini morì a Carona, in una data imprecisata fra il 1755 e il 1759.
Giuseppe Antonio Petrini è uno dei maggiori artisti del Settecento ticinese e la sua opera si colloca con inconfondibile originalità stilistica fra le espressioni più alte di tutto il Settecento lombardo.Nato a Carona, in Canton Ticino, il 23 ottobre 1677 dallo scultore Marco Antonio Petrini e da Lucia Casella, si formò, secondo C. G. Ratti (Delle vite de' pittori scultori e architetti genovesi, Genova, 1769), prima alla scuola genovese di Bartolomeo Guidobono e quindi, forse, in Piemonte, tradizionale meta degli artisti ticinesi, a contatto con l'opera del Solimena e col rigoroso razionalismo pittorico di Andrea Pozzo. Proprio quest'ultimo, insieme ai lombardi Cerano, Morazzone, Gianolo Parravicino e Filippo Abbiati, ma soprattutto insieme a Paolo Pagani, ai tenebrosi naturalisti veneti del secondo Seicento, al realismo dei caravaggisti e al luminismo del Piazzetta, sta alla base della sua "pittura severa e introspettiva, che predilige schemi compositivi semplificati, imperniati su poche figure di forte risalto plastico , sottolineato da panneggi modellati con pieghe aguzze e cartacee, e da luci aspre e radenti" ( S. Coppa, Petrini Giuseppe Antonio, in "La pittura in Italia. Il Settecento", a cura di G. Briganti, tomo II, Milano, 1990).La prima opera datata del Petrini, nel 1703, è il Sant'Isidoro Agricola nella parrocchiale di Dubino. Al suo soggiorno valtellinese nel primo decennio del Settecento si fanno risalire oggi molte delle tele e degli affreschi realizzati in Valtellina grazie al suo rapporto con la famiglia Perogalli di Delebio. Si devono in particolare alla committenza del parroco di Dubino, Carlo Francesco Perogalli, oltre al Sant'Isidoro Agricola, il S. Pietro apostolo (1704), il S. Giovanni Evangelista (1707) e il grande Martirio di Gorcum, e sempre alla committenza dei Perogalli vanno ricondotte le opere eseguite in quegli stessi anni dal pittore ticinese per la Compagnia del Rosario di Delebio, S. Pio V indice la crociata contro i Turchi, la Madonna del Rosario con i Santi Domenico e Caterina e la Madonna del Rosario e una devota, cui seguono gli affreschi nella parrocchiale di Sant'Abbondio a Rogolo e quelli della cappella dello Spirito Santo nella chiesa di S. Lorenzo a Fusine.Nei decenni successivi il Petrini lavora in Piemonte, in Lombardia e in Ticino dove realizza nel 1711 lo Stendardo per la parrocchia di Gentilino, nel 1726 le pale d'altare con la Madonna del Rosario e la Morte di S. Giuseppe nel Santuario della Madonna di Morbio Inferiore e diverse tele e pale d'altare nella chiesa di S. Antonio Abate a Lugano fra il 1715 e il 1746. Ma in quegli stessi anni il suo rapporto con la Valtellina e i Perogalli non venne probabilmente mai meno, come ipotizza Simonetta Coppa che data la pala d'altare del Petrini nell'Oratorio di S. Girolamo a Delebio alla fine del 1740 e tende a ricondurre alla committenza dei Perogalli anche il ciclo con l'Allegoria delle Stagioni oggi al Museo Cantonale di Lugano, databile intorno al 1750.Proprio l'Allegoria delle Stagioni testimonia come a partire dal 1745, secondo le puntuali analisi di Mauro Natale, l'opera del Petrini manifesti una svolta "verso registri cromatici chiari e stridenti e verso un partito compositivo decisamente rococò" vicino ai modi del Pittoni, attivo in quegli anni in area lombarda, e di Innocenzo Carloni.Questa svolta stilistica in senso rococò - che non soppianta ma si affianca al suo austero stile tradizionale - si riscontra in molte opere fra il 1745 e il 1752 ( Ascensione della Vergine nella chiesa di S. Maurizio a Pinerolo, pala con la Predica di San Vincenzo de' Paoli, quella con il Miracolo del piede risanato nella chiesa di S. Caterina a Bergamo, quella con il Miracolo di San Vincenzo Ferreri in S. Giovanni a Morbegno, Visione del Beato Giovanni da Meda nella chiesa del Collegio Gallio di Como ), ma risalta, soprattutto, nelle opere da stanza nate dalla committenza privata, come le numerose mezze figure di santi, profeti, astronomi e filosofi dai colori freddi che una luce radente colloca spesso in un'atmosfera irreale e astratta. Anche entro questo nuovo orientamento stilistico, che denota la sua profonda conoscenza e l'apertura alle correnti artistiche contemporanee, il Petrini conserva tuttavia la propria tendenza alla chiarezza e alla semplificazione narrativa, mantenendosi sempre entro le caratteristiche del barocchetto lombardo meno teatrale, capriccioso e mondano del rococò internazionale anche nei soggetti sacri. Ciò ha indotto Simonetta Coppa a parlare di un persistente e consapevole "antisettecentismo" del Petrini, inteso come reazione allo spirito mondano del rococò in nome di una più profonda spiritualità interiore ispirata alla religiosità borromaica, che sul piano dell'espressione artistica si concretizza in quel sottile equilibrio fra tardo manierismo e moderno realismo proprio dei pittori lombardi che Pietro Ligari definiva "speculativi".A questo tipo di spiritualità si rifanno le ultime opere del Petrini come gli affreschi nel Santuario della Madonna dell'Ongero a Carona, quelli nell'Oratorio di San Girolamo a Delebio eseguiti insieme ai ticinesi fratelli Torricelli, e la grande pala d'altare con la Morte di San Giuseppe, nella Collegiata di Sondrio, suo estremo capolavoro datato1755.Giuseppe Antonio Petrini morì a Carona, in una data imprecisata fra il 1755 e il 1759.
Labels: Cuadros